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Monastero della Vittoria

Per la chiusura delle celebrazioni del Cinquecentenario della Battaglia dei Giganti, Il Comitato Cultura Locale ha deciso di proporre una mappa che indica la sovrapposizione del Monastero della Vittoria con l’attuale cimitero.

Grazie alle nuove tecnologie è però possibile fornire al pubblico anche una serie di contenuti in grado di dare informazioni più complete e approfondite sulla storia di un evento così importante che ha avuto luogo sul nostro territorio. Per questa ragione, tramite dispositivi tecnologici di uso ormai comune si avrà accesso a testi, fotografie e articoli che verranno presentati nel seguente ordine:

Opuscolo “Della Vittoria” scritto da Pierino Esposti nel 2001. Abbiamo scelto di riproporre come primo contenuto l’ edizione del 2001 della raccolta delle notizie riguardanti il Monastero della Vittoria, anche come omaggio alla memoria di Pierino Esposti.

Fotografie dell’ingresso del Monastero, scattate nel mese di Luglio 2018 da Eugenio Zanicotti, che ritraggono i pilastrelli dopo la pulizia dai rovi e dagli infestanti.

Articolo sulla datazione del ponte che collega la via Emilia ai pilastrelli, redatto da Marco Maccari e pubblicato sul blog “Radar”. Lo studioso Mauro Manfrinato ha infatti scoperto che il ponte, unitamente ai piastrelli, forma un unico manufatto risalente ai primi anni del XVI secolo. Il ponte risulta essere l’unico ponte cinquecentesco conservato lungo il tratto di via Emilia nel territorio della provincia di Milano.

Link al libro di Don Raffaele Inganni che da accesso alla consultazione gratuita della copia anastatica in cui lo stesso Don Inganni narra le vicende che lo portarono alla riscoperta della storia della Battaglia e al ritrovamento dei resti delle fondamenta del Monastero.

Mappa raffigurata nella nuova targa apposta davanti all’ingresso del cimitero, realizzata da Eliana Odelli e Giuseppe Quattrocchi di La Fabbrica Interattiva. Si ringrazia il Geometra Massimiliano Romagnoli per la collaborazione.

Opuscolo “Della Vittoria” scritto da Pierino Esposti nel 2001:

Della Vittoria

A San Giuliano Milanese il monastero nascosto fatto edificare da Francesco I re di Francia dopo la vittoria sugli Svizzeri nella “Battaglia dei Giganti” o “di Marignano” (13 e 14 settembre 1515)

“ Correvano i primi giorni del giugno 1879 – epoca nella quale io venni ad occupare la cappellania della Natività di Maria Santissima in Zivido (parrocchia e pieve di San Giuliano Milanese), di proprietà dell’illustrissimo sig. marchese Giacomo Brivio – allorché ebbi la graditissima visita del venerando ed ora compianto preposto parroco di San Giuliano, don Giuseppe Brigola, uomo semplice e virtuoso quanto solerte e preciso nel disimpegno di sue parrocchiali mansioni. Intrattenendomi seco lui in famigliare colloquio, colsi l’opportunità per meglio informarmi intorno agli obblighi inerenti alla mia nuova posizione. In quell’occasione egli mi parlò di due messe da celebrarsi ogni anno alla metà di settembre, come da antica consuetudine. Naturalmente richiesi al simpatico vegliardo quale ne fosse la relativa applicazione, ma egli altro non seppe rispondermi fuor che, se la memoria nol tradiva, dovevano essere applicate a suffragio delle anime dei soldati caduti in una battaglia combattuta secoli addietro nei dintorni. Da qui la curiosità in me di conoscere quel fatto d’armi e per diretta conseguenza la risoluzione di farne le corrispettive ricerche”. Così comincia a narrare don Raffaele Inganni nel suo libro “Origini e vicende della cappella espiatoria francese a Zivido”, ma inizia anche la meravigliosa avventura del cappellano zividese che alla fine riscoprirà la storia, il luogo esatto, le vestigia e la sepoltura di quei grandi che fecero esclamare al Trivulzio: “non battaglia d’uomini, ma di Giganti”. Recatosi dal marchese Giacomo Brivio, ottenne di far ricerche nell’archivio di famiglia e, con grande sorpresa, rinvenne un “importantissimo documento, redatto da notaio nell’anno 1518, dal quale chiaramente e indubbiamente si rilevava l’epoca e il luogo del combattimento non solo, ma, ciò che più mi importava, la fondazione della famosa Cappella espiatoria coll’annesso convento pei religiosi che la dovevano ufficiare”. Allora fece praticare alcuni scavi nel terreno adiacente la chiesa di Zivido rinvenendo ben presto, ad una profondità di 60 cm, una gran quantità di ossami e di teschi. Che fossero i resti dei caduti della “Battaglia dei Giganti” venne confermato più tardi da un altro documento del 1606, rinvenuto nell’archivio Brivio. Questo documento indicava che i caduti erano sepolti in un terreno, con annessa chiesa, detto “alle vittorie” e che erano stati trasportati a Zivido, inumati parte nella tomba sotto la chiesa e parte intorno alla stessa. Il terreno “alle vittorie” è lo stesso dove oggi sorge il cimitero principale di San Giuliano Milanese! Nella tragica notte fra il 13 e il 14 settembre 1515, quando ancora l’esito della battaglia si presentava incerto Francesco I re di Francia non riusciva a dormire, nell’angoscioso silenzio che avvolgeva il campo di battaglia a Zivido, e “… alzata l’anima pia a Dio degli eserciti, fece voto che, se fosse gloriosamente uscito da quel frangente … avrebbe eretto sul luogo stesso de’ suoi trionfi una cappella espiatoria per l’anima dei caduti dedicandola alla Regina delle Vittorie”. Come ben sappiamo ne uscì vincitore, anche per merito dell’arrivo irruento dei veneziani al comando di Bartolomeo d’ Alviano che provocò grande scompiglio nelle file svizzere. Lasciò il campo di battaglia dove erano caduti oltre 12.000 uomini e tornato in Francia diede le necessarie disposizioni affinché il voto formulato diventasse realtà. Il magnifico Sebastiano Ferreris, intendente generale delle finanze in Lombardia, venne da Francesco I incaricato di iniziare le relative pratiche per acquistare il terreno dove si era svolta la battaglia. Costui si rivolse sollecitamente ai Marchesi Brivio, proprietari dei campi, ed il giorno 19 gennaio 1518 stipulò, con atto notarile, l’atto d’acquisto con il quale “ … il signor Carlo Brivio … cedeva agli agenti del cristianissimo Re di Francia, Francesco I, Duca di Milano, una vigna di centoventicinque pertiche detta il Santo Eusebio posta nel territorio di Zivido, pieve di San Giuliano, Ducato di Milano, nella quale si doveva fabbricare una chiesa ed un monastero…” Ad occupare il grandioso monastero, destinato a tramandare ai posteri la memoria della munificenza e della pietà del re Francesco I, furono chiamati i Frati Celestini di Francia con l’obbligo di raccogliere e seppellire nello stesso tutti i caduti della “Battaglia dei Giganti”. Che tale ordine venisse eseguito lo dimostra una foto aerea della zona di qualche tempo fa. Infatti ai lati del viale d’accesso al convento Della Vittoria, del quale rimangono sulla via Emilia due pilastri in mattone ed il cancello, erano visibili numerose e ordinate fosse sepolcrali. La tragica sconfitta a Pavia (24 febbraio 1525) di Francesco I; la sua prigionia prima a Pizzighettone e poi in Spagna; gli errori della dominazione francese e soprattutto le atrocità del Visconte di Lautrec, governatore di Milano, resero poco sicura la permanenza dei frati Celestini al monastero Della Vittoria, i quali “ … sfiduciati rivolsero la loro mente alla patria lontana. Vissero a malincuore alcun poco ancora in questa terra… ma poi… abbandonarono definitivamente il convento annesso alla Cappella espiatoria di Zivido, vendendo prima tutto quanto era per essi alienabile (1532-1533).” Rimasto così il monastero senza abitatori il Papa Paolo III decise di erigerlo in beneficio affidandolo a Diego di Mendoza, il primo di una serie di personaggi che si avvicendarono sul posto fino a quando San Carlo Borromeo divenne proprietario dell’edificio monastico su disposizione del Sommo Pontefice regnante. Scoppiata la peste a Roma (1575) e propagatasi con violenza a Milano e nel suo contado, San Carlo “pensò di approfittare dello stabile alle Vittorie di Zivido onde raccogliervi i poveri che stavano rinchiusi nel recinto o portico di Santo Stefano Maggiore a Milano. Concepita questa idea la mise subito in esecuzione, mandando nel suddetto monastero più di trecento poveri”. Cessata la peste nel 1577, San Carlo donò il monastero all’Ospedale Maggiore di Milano che, impossibilitato a far fronte finanziariamente alle pesanti riparazioni, decise, a scopo di utilizzarne il materiale, la demolizione delle due chiese contigue di Santa Maria della Vittoria e di Sant’ Eusebio, dove riposavano ancora le spoglie di molti tra i caduti nelle due giornate del settembre 1515. Ma i debiti non diminuivano perciò l’Ospedale Maggiore mise all’asta il monastero il giorno venerdì 19 settembre 1603. Miglior offerente fu il marchese Carlo Brivio ( discendente diretto dell’omonimo primo venditore) che lo acquistò per settemila lire imperiali il giorno 8 agosto 1605. Contemporaneamente il Brivio ottenne dal cardinale Federico Borromeo di acquistare anche l’area su cui sorgevano anche le due chiese demolite. L’arcivescovo di Milano impose però che Carlo Brivio eseguisse le seguenti ingiunzioni: facesse trasportare nel cimitero di Santa Maria in Zivido le ossa dei defunti che riposavano nel terreno già prima occupato dalla chiesa di Santa Maria della Vittoria compresa quella di Sant’Eusebio ; stabilisse la somma di centoquindici lire imperiali e con il relativo frutto facesse celebrare ogni anno, nella medesima chiesa di Zivido, un ufficio con messe a suffragio di quei defunti ( le famose messe che incuriosirono secoli dopo il cappellano di Zivido don Raffaele Inganni). Rientrati così nel possesso Brivio i beni della Vittoria, non era immaginabile che si conservasse il monastero ormai in pessime condizioni e da qualche tempo abitazione dei contadini del luogo, perciò fu definitivamente demolito e l’area destinata ad uso agricolo (1639). Questo monumento scomparve e per più di due secoli fu dimenticato ed il silenzio interrotto ogni tanto dalla sbiadita tradizione orale conservata dai più vecchi del luogo. Nel 1886 don Raffaele Inganni si recò nei campi detti della Vittoria (ora occupati dal cimitero di San Giuliano Milanese) e notò, lungo un fossato che serve per l’irrigazione, alcune tracce di fondamenta. Prese i necessari accordi con i fratelli Oriani, fittabili, per potervi effettuare gli scavi ed attese il momento propizio che giunse alla metà del mese di novembre del 1886. Con l’aiuto di quattro volonterosi e seguendo le linee tracciate lungo il fossato mise a nudo tutto il lato di mezzogiorno dell’antico monastero che risultò essere lungo 71 metri. Il lavoro proseguì fino alla fine di gennaio 1887 quando furono riportate alla luce le fondamenta sia del monastero sia delle due chiese attigue. L’importanza di questa scoperta era talmente evidente che vi fu un accorrere di illustri studiosi e giunse anche il Prof. Pompeo Castelfranco, per eseguire l’opportuno resoconto d’ufficio. Le fondamenta dell’antico monastero si presentano come un grandioso quadrilatero due lati dei quali misurano 71 metri di lunghezza (quello nord e sud) e due misurano 83,50 metri (quello est ed ovest). Inoltre nella muraglia ad est, in mattoni e dello spessore di 1,50 metri, erano visibili le parti inferiori dei finestroni che davano luce ai sotterranei. Le fondamenta poi della Cappella espiatoria di Santa Maria indicavano tre navate: due laterali larghe ciascuna 3,60 metri ed una centrale larga 11,20 metri ed una lunghezza complessiva di 29 metri circa. Quelle di Sant’Eusebio, spesse 2,30 metri, indicano l’esistenza di un coro ad angoli ottusi, che la lunghezza della chiesa è di 33 metri e che il materiale usato è differente per qualità essendo la superficie delle fondamenta coperta da uno strato di calcio cristallizzata. Quale era l’aspetto del monastero e delle due chiese ancora oggi non è possibile saperlo; si può a ben ragione supporre fosse imponente ed elegante osservando due colonne in granito rimaste e collocate a sostegno di un portico in una casa nobiliare di Milano; più alcuni pezzi in pietra con modanature architettoniche che svelano la loro antica pertinenza ad una delle due chiese distrutte. L’opera del cappellano zividese don Raffaele Inganni, nella riscoperta delle memorie e del luogo dove si svolse la famosa “Battaglia dei Giganti” o “di Marignano”, venne ampiamente riconosciuta e gli valse il titolo di Accademico di Francia. Purtroppo ben presto i campi della Vittoria tornarono alla loro destinazione agricola e di queste fondamenta, ancora una volta, si perse la memoria. Qualche decennio dopo sulla medesima area venne edificato il nuovo cimitero di San Giuliano Milanese. Il destino ha voluto che si perpetuasse la sacralità del luogo; che ai corpi dei Giganti caduti e sepolti 5 secoli orsono venissero a sostituirsi, nei decenni fino ad oggi, i nostri concittadini defunti. Noi vogliamo ricordarli, così come vogliamo ricordare e far conoscere il grandioso monastero frutto della pietà di un re che, non solo onorò tutti i caduti senza distinzione di patria, ma anche i vivi affranti dalla sconfitta che lasciarono il campo di battaglia e tornarono alle loro case in Svizzera. Almeno questi impararono che la guerra è solo dolore e distruzione e non vollero più praticarla. Una targa per sempre ad indicare il monastero dei Giganti “alle Vittorie” con la segreta speranza che un giorno sia possibile riportare alla luce le sue fondamenta. Caro amico e cara amica che, in ginocchio sulla tomba del familiare defunto accendi un lumino o deponi un fiore ricordati di offrirlo anche a quei tantissimi antichi uomini che qui morirono specchiandosi nelle acque limpide dei fossati, tra i fiori autunnali, guardando nell’ultimo istante il sole calante o la notte stellata di questa nostra bella Italia tanto desiderata.

San Giuliano Milanese 15 settembre 2001 - Pierino Esposti - Presidente Associazione Culturale Zivido

Fotografie dell’ingresso del Monastero:

Articolo sulla datazione del ponte che collega la via Emilia ai pilastrelli

Cronaca, 12 giugno 2015

Scoperto un ponte cinquecentesco, l’unico in muratura del Sud Milano

VIA EMILIA, S. Giuliano Milanese – Quello è il ponte del Monastero della Vittoria, fatto dopo il 1518 a seguito della battaglia di Zivido vinta dal re Francesco I. È sulla roggia Spazzòla, è all’altezza del cimitero ed è il solo di epoca cinquecentesca esistente nel Sud Milano. Ne è sicuro l’archeologo Mauro Manfrinato, autore del ritrovamento: «È un manufatto unico nel territorio – illustra. – Durante la conferenza di circa due mesi fa con il professor Bardelli parlai dei residui del Monastero della Vittoria. In occasione di quella conferenza andai sul posto. Ho preso le misure dei mattoni, dei pilastri, e sono venuto a capo del fatto che quel ponte è del XVI secolo, è l’unico di epoca rinascimentale esistente nel territorio. Merita una certa forma di tutela e di restauro».

«I ponti in muratura che abbiamo nel territorio sono generalmente del Settecento, o dell’Ottocento – continua Manfrinato. – Prima erano quasi tutti in legno. Questo è l’unico caso di ponte cinquecentesco in uso. Sarebbe opportuno restaurarlo, togliere quei parapetti di cemento armato creati negli anni Sessanta, riabbassare la quota del piano di calpestìo per alleggerirlo e dotare il manufatto di una forma di tutela. Sarebbe interessante riuscire, tramite il Comune e la Soprintendenza Archeologica, a valorizzarlo dal punto di vista didattico e archeologico. Perché non pensare a un connubio di più università, francese, svizzera e italiana, nel quale far operare gli specializzandi e così recuperare quanto rimane del monastero con metodi scientifici? Soprattutto con risalto dei pilastri al ponte che costituiscono l’unico avanzo visibile fuori terra. Sono tracce culturali abbandonate quanto inedite».

Marco Maccari, venerdì 12 giugno 2015 ore 13:18

Link al libro di Don Raffaele Inganni

Mappa raffigurata nella nuova targa apposta davanti all’ingresso del cimitero.

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Giuseppe Quattrocchi
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